26 Ottobre 2003: ce la siamo vista brutta ovvero ho inventato una nuova falciatrice di cactus

Stamattina dovevamo andare a Quixabeira a fare il programma radio sull’apicoltura, con Ilaria e Giovanni, Josa e Robenol. La trasmissione, rigorosamente in diretta, era programmata per l’ora di punta sertaneja ossia l’alba per noi poveri italiani. Alle 8:00 cominciava il programma e alle 7:30 noi stavamo ancora facendo colazione. Tentando di accelerare le cose vado subito a prendere la macchina affittata che era in garage e mi metto al volante. Eh sì, perché io conosco le strade meglio degli altri, ho più esperienza, insomma credo di essere in grado di arrivare a Quixabeira entro le 8:00 e avere anche qualche minuto per fare le prove. Partiamo, e il piede pesa sull’acceleratore, ma ultimamente hanno passato il trattore sulla strada e non ci sono buche. Corro, sì lo ammetto. Così all’improvviso, forse per colpa di un banco di sabbia (no, qui non siamo al mare, le spiagge sono a 300 chilometri, ma su questa strada c’è più sabbia che alle Maldive…dannazione!) perdo il controllo della macchina: sbanda a destra, cerco di riportarla a sinistra, oh no, adesso va troppo a sinistra, tento di riportarla a destra, poi a sinistra, e intanto tutti i passeggeri iniziano a pensare ai loro cari, Josa si vede già all’entrata del Paradiso… Io invece vedo solo gli alti bordi della strada e gli steccati, la macchina ondeggia sempre di più, quando percepisco la possibilità che si ribalti tiro un urlo e invece di ribaltarsi sale sul bordo della strada, sfondiamo lo steccato col filo spinato, vedo volare pali di legno sul vetro come fossero fuscelli, tipo nei film americani. Il buon Dio però ci ha fatto entrare in un campo di fichi d’india che si rivelano degli ottimi ammortizzatori. Percorriamo almeno 50 metri nel campo falciando decine di piante alte due metri, ce le spazzoliamo come erbetta tenera, con la coda dell’occhio invece intravedo ai lati alcune palme dal fusto ben duro e faccio di tutto per non finirci contro. I benedetti fichi d’India dopo un tempo che ci è sembrato infinito finalmente ci fermano. Dio mio che sollievo non vedere più volare roba verde sul parabrezza. Lo specchietto retrovisore invece si è staccato e mi è volato su una mano, vedo il mio tendine bianco nel buco che ha fatto ma non lo ha toccato, è andata bene. In compenso invece ho fatto una strage di fichidindia! Scendiamo dalla macchina e guardando lo scempio vegetale, forse anche a causa dello spavento, ci mettiamo a ridere come degli imbecilli. In effetti però è stato un lavoro eccezionale: in cinque secondi ho fatto il lavoro di una giornata del contadino! Qua il ficodindia è usato come cibo per gli animali e viene periodicamente tagliato, quindi io ho fatto un ottimo servizio al padrone del campo. Che infatti quando arriva non si arrabbia neanche un po’ e non vuole nemmeno risarcimenti. La macchina comunque, ammaccata e grattugiata dal filo spinato, è ancora in grado di camminare, bisogna solo cambiare una gomma per ripartire. Giovanni e Robenol si fermano a cambiarla, mentre noi donne prendiamo un passaggio da Jonas il taxista con la macchina scassata a gas, che passa in quel momento. Jonas non è che sia un grande autista e appena partiamo invece che guardare la strada si mette a parlare con Josa e per educazione la guarda attentamente in faccia, quindi dopo soli 10 metri rischiamo di andare di nuovo fuori strada. Riusciamo infine ad arrivare a Quixabeira, lo pseudo ambulatorio è chiuso e quindi vado in casa di una infermiera a farmi medicare. Nel frattempo scopriamo che la trasmissione era alle 8:30 invece che alle 8:00. Grrrrr, che nervi, se lo avessimo saputo mica avrei corso così! Mi sento una merda nei confronti dei miei passeggeri per avere messo a repentaglio la loro vita. Ma ora non c’è nemmeno il tempo di pensare, dobbiamo andare in onda. La mezz’ora di programma fila liscia, almeno quella… Per tutta la giornata mi rincorrono pensieri angoscianti su come poteva andare a finire, continuo a darmi dell’imbecille, ma i miei colleghi invece (non so se ironicamente…) mi continuano a dire che sono stata bravissima a “tenere” la macchina e a non farla ribaltare… Mah…. L’unica cosa di cui sono soddisfatta è il nuovo modello di falciatrice per fichidindia che ho inventato. Chissà se vendendo il brevetto riesco a pagarci le spese dei danni alla macchina…

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