Category Archives: Silvia in Brasile

Sertao: diario brasiliano – Introduzione

Il sertão è il Brasile che non immagini, niente foresta amazzonica, niente spiagge da sogno, niente metropoli e niente samba: il sertão è la regione semi-arida situata nel Nordest del paese. È l’emblema della povertà del Brasile, la terra di origine dei milioni di disperati che vanno ad abitare le favelas delle grandi città. Leggi il resto…

30 Maggio 2004: ancora addii…

Anche oggi è stata una giornata di abbracci e saluti, Fabio e gli altri miei adorati alunni si sono parcheggiati in casa mia, cercando di aiutarmi a fare le valigie. Tutto quello che non stava nelle valigie l’ho sparso sul letto e ho fatto scegliere qualcosa ad ognuno. C’era di tutto: dalla biancheria alle forbici, dallo shampoo ai libri, dalle magliette alle scarpe. E tutti quanti si portavano via qualcosa felici! A Fabio ho lasciato tutti i CD in lingua inglese che avevo, così potrà migliorare la sua pronuncia, gli ho lasciato i miei sandali, vestiti per sua madre e cibo in scatola. Mi mancherà tantissimo questo ragazzino, così intelligente e generoso. Ma non lo abbandonerò mai, ha una situazione familiare difficilissima, ha solo la mamma disoccupata e due sorelline più piccole, non so come facciano a sopravvivere. Lui sogna di potere studiare, è la cosa che gli piace di più al mondo. In questi anni questo ragazzetto di 17 anni è stato il mio più fidato amico, forse un figlio o un fratellino, faceva chilometri in bicicletta per venirmi a trovare, sempre portando un pensiero per me, un dolce, un bigliettino, una poesia o una canzone. La domenica pomeriggio a volte andavamo a fare delle passeggiate per i campi e lui mi parlava, parlava, parlava sempre, raccontando episodi, la sua scuola, il teatro, lo studio dell’inglese. Stasera siamo andati insieme dalla scuola al villaggio, dove abita sua nonna. Lui era in bici e io in moto. Quando è iniziata la salita all’ingresso del villaggio lui è dovuto scendere e spingere la bicicletta, mentre io proseguivo con la moto. In quell’istante ho visto quella scena come la metafora delle nostre vite, è stato un lampo che ha squarciato la mia mente e il mio cuore. Ho sentito un dolore immenso. Ho visto la mia vita a cui il destino ha riservato una potente e comoda motocicletta, e ho visto la vita di Fabio che può contare solo su una vecchia bicicletta. Quando la vita va in salita a me basta schiacciare l’acceleratore, Fabio invece deve fermarsi e spingere con fatica e sudore. Ho capito cosa è l’ingiustizia. L’ingiustizia per me sarà sempre rappresentata da questa scena, indelebile nella mia memoria. Fabio, caro amico mio, perdonami, perdona noi tutti che andiamo in moto o addirittura in Mercedes per le strade della vita, perdonaci se puoi… Iddio ci perdoni per ogni volta che sorpassiamo i nostri fratelli che arrancano lungo la salita, senza fermarci, senza aiutarli. Fabio, il tuo cuore è talmente buono e generoso che so che mi perdonerai, ma voglio ricordare sempre questo istante, per vedere se riuscirò a vincere un po’ del mio egoismo. Buona fortuna amico mio, ovunque io sia potrai sempre contare su di me.

23 maggio 2004: anticipo di saudade

Ieri sera tornavo dalla casa delle suore, lungo il sentiero che porta alla scuola. Era già buio, l’aria era fresca e profumata, soffiava un piacevolissimo vento, mi sembrava la carezza del sertão sul mio corpo, forse un saluto, un addio, un arrivederci. Le stelle erano abbaglianti come al solito, un tappeto di luce di incomparabile bellezza; ho sentito una grande nostalgia per questo luogo, ne ho sentito tutta la sua bellezza in quell’istante. Mi giravo indietro e vedevo la luce della casina delle suore, e ho pensato a Pedrinho, alla piccola Maria Rita, che continuerà a crescere e quando la rivedrò camminerà già. Dio mio, quanto mi mancheranno… Così come i ragazzi della scuola, sono diventati i miei fratellini minori, i miei bambini adottivi, la mia casa era il loro rifugio, stavano lì anche solo per vedermi lavorare, silenziosi per non disturbare. Mi mancherà questa casa che era diventata la mia casa, mi mancherà questo cielo, mi mancherà la mia cara amica Josa, Valdivino, il piccolo Ramon, e tutti gli altri… Mi mancherà andare al mercato a Capim Grosso il lunedì mattina e incontrare tra le bancarelle tanta gente che mi saluta, mi abbraccia, mi racconta, mi mancherà arrivare nei villaggi e sentirmi così accolta, così “a casa” in mezzo a loro, mi mancheranno i bimbi con cui avevo stretto più amicizia, gli alunni, le suore… Non riesco a immaginare come sarà la mia vita tra 20 giorni, mi sembra di essere stata qui da sempre. Questi due anni sono volati, velocissimi, troppo veloci. Fin dal giorno che ho deciso di venire in Brasile sapevo che la difficoltà maggiore non era partire, ma tornare… Ieri sera avrei voluto che il sentierino dalla casa delle suore alla mia fosse lungo chilometri, per fare durare il più possibile quel momento magico di tristezza e di amore per tutto quanto ho intorno. Camminavo piano, ogni tanto mi fermavo, ma il sentiero era corto, come questi due anni.

È l’ora di tornare in Italia.

29 Marzo 2004: un po’ di sconforto…

Sono un po’ demoralizzata… Certi giorni negli ultimi tempi mi sembra che Jaboticaba sia diventato un piccolo inferno. Alcuni colleghi e la comunità non riescono più a gestire i conflitti tra di loro, i piccoli problemi diventano giganteschi, mancano il dialogo e l’ascolto. Io sono arrivata qui con uno spirito di servizio, ma ultimamente non sto riuscendo a servire all’armonia e al dialogo tra queste persone. Cerco allora di tenermi un po’ al di fuori, di non farmi coinvolgere dalle parti, perché non riesco a farle dialogare, perché sono stanca di questa situazione, perché ho paura di dire parole sbagliate e non essere imparziale e perché poi tra poco tornerò in Italia… La settimana scorsa mi sono ritrovata ad alzare troppo la voce in una riunione, non è così che voglio parlare con le persone, ma ho perso il controllo. Ho paura di non sapermi controllare abbastanza e che possa succedere di nuovo. D’ora in poi cercherò di tenermi fuori dalle discussioni che trattano questioni relazionali, vorrei cercare di mostrare un atteggiamento di pace, ma è difficile anche per me. I pettegolezzi poi qui in questo piccolo paesino sono lo sport preferito dalla popolazione, inventano qualsiasi cosa pur di mettere in cattiva luce il proprio “nemico”. Come far loro capire che non servono a nessuno, nemmeno a chi li inventa? Del resto mi rendo conto che sono le stesse cose che accadono ogni giorno in Italia e in qualsiasi parte del mondo, purtroppo. Devo farmi forza, per affrontare nel modo migliore questi ultimi mesi, perlomeno non voglio fare danni.