Category Archives: Silvia in Brasile

22 Settembre 2002: settimana di bingo, politica e gita scolastica!

Anche quella passata è stata una settimana molto intensa! Vi avevo lasciato dicendo che sarei andata alla festa del sindacato. Come in ogni manifestazione di sindacato, ci sono stati vari oratori, più o meno lunghi e infervorati, nel salone gremito di gente. Gli ospiti erano il deputato federale Pinheiro, che è stato giudicato uno dei migliori  di tutto il Brasile e la candidata alla camera statale Cecilia. Per chi non lo sapesse il Brasile è una federazione di stati e quindi quest’anno si eleggono, oltre al presidente della repubblica, anche i governatori di ogni stato, i deputati federali, e i deputati statali. I due politici erano del PT, in quanto il sindacato in genere è orientato verso il PT. Il PT è il maggiore partito della sinistra, la sigla significa Partito dei lavoratori, ed è il partito che più lavora con le politiche sociali, si batte per la riforma agraria, per la fine del latifondo, per i diritti dei lavoratori. A livello locale sta governando molto bene (in alcuni stati come il Rio Grande do Sul, in città o piccoli comuni, tutti riconoscono che sta lavorando molto bene). Del resto per dare buoni risultati in un comune sarebbe sufficiente che il sindaco non si rubasse tutti i soldi come invece fanno quasi tutti. In pratica basterebbe una persona onesta per fare un buon governo, almeno a livello di enti locali! Il PT è molto amato da chi opera nel sociale, nel volontariato, coi poveri. Il PT a quanto vedo, è una vera e propria passione per i suoi adepti! Tutti vanno in giro con magliette, spilline, adesivi con le facce dei deputati sulla macchina, sulla porta di casa, sui vestiti. A me dà l’impressione di qualcosa di pulito e di positivo in un mondo di politici corrotti… può darsi che la mia visione sia distorta dal fatto che qua sono tutti del PT… il fatto innegabile è che chi lotta per sconfiggere le ingiustizie sta col PT, e quindi anche io mi sono schierata senza esitazioni! Lula (il candidato alla presidenza, del PT) è in testa ai sondaggi, ma mi sembra strano che gli USA lo lascino vincere…. Certo, anche se vince Lula, i problemi del Brasile, sono talmente numerosi e complessi, che non riuscirà a fare molto, ma sicuramente proverebbe a migliorare le cose per le fasce più deboli. E quindi dopo avere fatto la conoscenza dei deputati (ma che bello, un deputato che parla con tutti, abbraccia e bacia tutti, vestito semplicemente, una pacca sulla spalla e una parola con chiunque, immerso tra la gente..), c’è stato un momento di svago con un bingo, in palio c’era una pecora! Ho comprato una cartella per finanziare le spese del sindacato e … ho iniziato a prendere un numero dopo l’altro… quando me ne mancavano solo 3 ho cominciato ad emozionarmi… ma ormai era fatta, la pecora era mia!!! Ho vinto a pari merito con un altro, quindi avremmo dovuto squartare la pecora all’istante per dividercela oppure contrattare una compravendita. Ho deciso di regalare la mia mezza pecora al sindacato che ne facesse quello che voleva e non ho nemmeno voluto vedere la povera bestiola. Però è stata davvero un’emozione vincere! Il giorno dopo la mattina sono andata a Capim Grosso perché era previsto il comizio del PT col candidato governatore, ma ho ascoltato solo la musica prima dei discorsi, perché poi sono partita per Salvador per andare a prendere un mio collega del Magis, la ONG per cui lavoro, che veniva a visitare il progetto. Dopo due giorni a Salvador siamo tornati qua alla scuola e la mattina dopo siamo subito partiti per partecipare alla gita scolastica degli alunni del 3° anno! Partenza alle 4 del mattino, al suono dei tamburi (che non hanno smesso mai di suonare per tre giorni… aargh!), in stato semicomatoso. Il mio collega che non si era ancora ripreso dal fuso orario non era proprio entusiasta di partecipare, ma lo abbiamo praticamente costretto. La gita era un viaggio di studio nel Nord della Bahia per visitare alcuni enti e organizzazioni che lavorano in questa realtà del semi-arido, con pecore e capre. Ma ve la immaginate una classe italiana in gita a vedere delle capre? ti sputerebbero in un occhio… invece questi ragazzi sono ammirevoli per l’interesse e la maturità che dimostrano, ascoltavano, facevano domande, osservazioni, commenti.. Un altra cosa che mi ha colpito sono le condizioni climatiche di questa zona a nord. Credevo che qui a Jaboticaba fosse secco, ma al confronto con quella regione questo è un giardino! Là è proprio un deserto: terra bruciata, senza erba, alberi-arbusti grigi senza foglie che sembrano secchi (ma quando piove si risvegliano), terreno sabbioso, una mucca morta vicino ad una pozza ormai prosciugata, altre magrissime…, qualche rara capra che non si sa di cosa viva. E un sole torrido che ti cuoce. Eppure anche in queste condizioni estreme si può vivere, come ci ha dimostrato il signor Isaias, un uomo fantastico che ha colpito tutti quanti. Questo agricoltore è riuscito a “trovare la vocazione di questa terra”, come lui dice, cioè a capire come poterla far fruttare, principalmente con l’allevamento di capre. Possiede un gregge di 200 capi, 2 pozzi (è rabdomante, ha trovato dove era l’acqua), 3 cisterne per l’acqua piovana, una fossa di raccolta, campi seminati con cactus, sorgo e granoturco quando piove, anche se sembra incredibile che nasca qualcosa in quel deserto di sabbia. E la casa è molto carina, di buona qualità, tutto è in ordine, anche all’esterno. È un uomo innamorato della sua terra. Ha lavorato per 17 anni a San Paolo, ma col sogno di tornare alla sua “mamma terra” come lui la chiama. E c’è riuscito, ed ora è felice, come ci ha ripetuto spesso. Era veramente commovente vedere quanto amore aveva per questa sua terra arida e povera ma dalla quale lui è riuscito a tirare fuori la vita. Si gestisce 52 ettari da solo, quando è arrivato dai campi sotto il solleone, non pareva nemmeno stanco e ci ha accolto con molto affetto. Grazie signor Isaias per questa lezione di vita, non la dimenticherò mai… E rieccoci sull’autobus ad affrontare altri chilometri e chilometri di strada battuta. Il mio collega intanto, che adora chiacchierare, mi cuoceva le orecchie più del solleone: mi ha raccontato tutta la sua vita e la vita di tutti i suoi conoscenti, anche i più lontani, in risposta alla mia sola domanda su come aveva imparato lo spagnolo….. Vabbeh, ma questo è il minimo che mi merito per averlo trascinato in questo terrificante viaggio! E poi è una persona eccezionale, con una vitalità ed un entusiasmo incredibili per la sua età!

Il viaggio è proseguito alla volta della città storica di Canudos. E qui si apre un capitolo estremamente interessante della storia brasiliana. Canudos fu teatro di una sanguinosa guerra nel 1897. Canudos era stata fondata da tal Antonio Conselheiro una specie di leader sociale religioso molto affascinante ed amato, che dopo anni di peregrinazione nel sertão, predicando la religione cristiana, aveva iniziato ad organizzare una comunità di ex schiavi e povera gente. Tutto veniva fatto comunitariamente, suddividendo i compiti a seconda della vocazione di ognuno e provvedendo alle necessità di tutti, in armonia. La cosa incredibile è che questa comunità in 4 anni si era andata ingrandendo fino ad arrivare a 20.000 persone, richiamando tutti i poveri e gli emarginati delle regioni vicine e funzionando sempre con la struttura comunitaria che vi ho detto. Era diventata la seconda città della Bahia, dopo Salvador, e questo al governo non piaceva! Così approfittando di un pretesto, l’esercito cominciò la guerra contro questa città. La resistenza fu eroica, dovettero venire 5 battaglioni prima di conquistarla dopo 8 mesi. La quarta spedizione, dopo le prime tre fallimentari, era comandata dai più grandi generali e addirittura dal ministro della guerra. Ormai si trattava di una questione di orgoglio nazionale, l’esercito questa volta alla fine ebbe la meglio e massacrò tutti i cittadini nei modi più orribili, torturandoli e decapitandoli. Il fuoco sotto cui crollò Canudos fu tale per cui ancora oggi abbiamo trovato proiettili nel terreno! L’esercito risparmiò solo alcune donne, per mandarle nelle case di prostituzione a Salvador. E poi distrusse tutto della città, bruciò tutto, non rimase nemmeno una pietra. La testa mozzata di Conselheiro fu portata in trionfo. Si calcola che morirono almeno 15.000 persone. Dopo 30 anni alcuni dei pochissimi superstiti che erano riusciti a salvarsi tentarono di fondare nuovamente Canudos, ma pochi anni dopo il governo scelse un altro modo per eliminare la memoria di questa città tenace, volendo costruire un lago artificiale proprio lì, in modo che sommergesse la nuova Canudos. Così ora rimane solo, sotto alle acque del lago, qualche resto della seconda Canudos, che riaffiora quando la siccità è eccezionale, a ricordare la tragedia di una città fiera e leggendaria. Il lago, nonostante la mancanza di acqua nella regione, non serve praticamente a nulla perché i terreni intorno non sono fertili e comunque sono tutti di proprietà dello stato. Ancora oggi quindi lo stato cerca di umiliare questa città fantasma che aveva dimostrato che si poteva vivere in armonia secondo leggi diverse da quelle dello stato, basandosi sulla solidarietà e sulla giustizia. Cosa sarebbe oggi Canudos? È questa la domanda che gli storici si fanno e per la quale purtroppo non c’è risposta. Chissà forse il Brasile sarebbe stato diverso, se su quell’esempio fossero sorte una dopo l’altra tante Canudos…

Con tanti pensieri lasciatimi dentro da questa città fantasma (di cui non si vede assolutamente nulla, nemmeno una pietra di una casa è rimasta, si è salvato solo il crocifisso della chiesa che ora sta in un museo, ma si sente tutto il suo passato passare come un brivido sulla pelle), col dolore per tutte quelle vittime innocenti, con la curiosità per questa storia.. ci siamo messi infine in viaggio per tornare a casa, tra canti, musica e danze.

10 Settembre 2002: siccità

È da cinque mesi che non piove a Jaboticaba e in tutta la regione. La terra è dura e secca, il paesaggio ha assunto un colore grigio-marrone, la polvere si alza dalle strade sterrate. Percorrendole si incontrano sempre più frequentemente cadaveri di animali morti, indeboliti dalla fame e dalla sete, mucche soprattutto e qualche pecora. Gruppi di avvoltoi stanno ripulendo le carcasse degli animali già morti e altri volano in alto, in cerchio, aspettando qualche segno di cedimento di quelli ancora vivi. Le pozze stanno seccando tutte una dopo l’altra, gli animali si concentrano attorno alle ultime, alcuni restano impantanati e se il padrone non riesce a tirarli fuori moriranno lì. Gli uomini scrutano il cielo sperando in qualche segno premonitore di pioggia, ma per ora non se ne vedono, soffrono a vedere seccare le loro piccole coltivazioni, impotenti davanti alla durezza della natura. File di donne e bambine ogni giorno percorrono chilometri con il secchio sulla testa, in cerca dell’acqua. Le grandi aguadas si sono ridotte a piccole pozze e le donne devono percorrere distanze sempre più lunghe per trovare l’acqua, anche 10 chilometri, sotto il sole, a piedi. Sembra di essere nei deserti dell’Africa…

21 Agosto 2002: una giornata intensa

Oggi io e Josa, sulla sgangheratissima macchina di Jonas abbiamo visitato diverse comunità. Jonas è un uomo del villaggio che ha avuto un incidente qualche anno fa ed è stato in coma parecchie settimane. Ne è uscito, ma un po’ menomato, non può più lavorare nei campi e allora adesso come lavoro fa l’autista (anche se è soggetto a frequenti svenimenti… e che problema c’è?!) e poi  traffica in macchine usate. La macchina di Jonas si sente arrivare da 3 chilometri per la puzza e da 2 chilometri per il rumore. È talmente ammaccata che non si capisce  che modello sia, va a gas (una bombola di gas da cucina nel bagagliaio), ma metà del gas invece che andare nel motore va nell’abitacolo dei passeggeri. Non si rischia la gassificazione perché l’auto è priva di vari finestrini e piena di buchi quindi il ricircolo d’aria è assicurato. Stando davanti poi bisogna stare abbracciati alla portiera perché altrimenti cade. Josa naturalmente è stata così gentile da cedermi il posto accanto all’autista e così sono qui col braccio indolenzito per lo sforzo accidenti, ma la prossima volta non mi frega, vado dietro vicino alla bombola, così se saltiamo in aria non me ne accorgo! Ma torniamo al viaggio: nauseata e stordita dal metano e dalla strada tortuosa, finalmente siamo arrivate a vedere la prima cisterna del progetto in via di ultimazione. Era per una coppia di anziani pensionati che vivono in una casina piccolissima, di 3 m per 4 m, non di più: una cucina e una camera, non credo ci fosse il bagno… Molta povertà, eppure loro possono ritenersi dei fortunati perché hanno due pensioni minime (e quindi un reddito fisso e sicuro) e possono permettersi di pagare la cisterna. Come erano felici della nostra visita e della costruzione della cisterna, non hanno fatto che ringraziare noi e il buon Dio, ci hanno augurato ogni benedizione, erano proprio grati. Poi gli abbiamo detto che forse verremo con il padre per inaugurare la cisterna e la vecchina ci ha chiesto di avvisarla per tempo che avrebbe cucinato due delle sue galline… forse tutto quello che aveva… ci ha raccontato anche un po’ dei suoi malanni e delle disgrazie familiari, ma questo è un classico degli anziani in tutto il mondo no? Il pomeriggio abbiamo visitato un’altra regione per rilevare le necessità di cisterne in alcune comunità e per avvisare di un possibile corso di formazione per fare dolci e biscotti. Anche qui abbiamo visitato case ben povere, bambini bellissimi seminudi che giocano sul pavimento, tutta la famiglia riunita nell’unica saletta della casa, a vedere la partita del Brasile su una miniTV alimentata da due batterie di auto… Quelli che abitano nei campi non hanno l’elettricità, a meno che non abbiano messo il pannello solare col quale riescono ad avere luce e corrente per uno o due elettrodomestici. Ma pochi se lo possono permettere. Nel frattempo Jonas è riuscito a mettere sotto due ragazzi in moto, andando in retromarcia senza vederli. Per fortuna nessuno si è fatto male, ma il nostro disastroso autista pretendeva ancora di avere ragione! Al ritorno, dopo avere visitato Gervasio che si sta scavando da solo il buco della cisterna (diametro 4,5 m e profondità 3,4 m, tutto a braccia e con un’operazione di ernia recente….) siamo passati dalla famiglia di cui vi avevo parlato alcune settimane fa (quelli della casa senza luce, con le lampade a petrolio, che ci avevano regalato il beiju). La settimana successiva l’uomo ha regalato a Josa uno sciame di api che teneva in giardino dentro un tronco e alcuni giorni fa gliene ha trovato un altro, tutto senza volere un centesimo. Un uomo veramente generoso, che dona il suo tempo e le sue cose con un cuore così grande che mette in crisi la coscienza. Era già buio ma siamo andati in un posto in culo ai lupi a cercare nel bosco le api da portare a casa di Josa. La luna illuminava la strada nei campi deserti e poi siamo entrati nel bosco, un paesaggio molto affascinante. Tornati alla macchina, il maledetto catorcio puzzolente non ne voleva sapere di ripartire. Merd…. mi immaginavo già a camminare 8 chilometri sotto la luna nella strada deserta per arrivare al primo punto abitato. Invece dopo 25 minuti di smanettamenti e smontaggi nel motore, il ferrovecchio è ripartito. Alle 19,30 finalmente sono riuscita ad arrivare a casa. Ho mangiato ma avevo da fare la marmellata che avevo iniziato la mattina (siccome qui non si trova un barattolo di marmellata nel raggio di 100 chilometri ho deciso di farmela). Ma stasera era anche la serata settimanale di ballo della scuola, non potevo perdermela e così tra un pezzo e l’altro correvo a girare la marmellata. Una fatica tremenda. Però avevo voglia di scrivervi e così sono qui, domani mattina mi concederò un’ ora in più di sonno… Vi penso spesso, tutti quanti, davvero. La connessione a Internet è sempre abbastanza tragica, lentissima, a casa di Josa a un chilometro da qui, e funziona un giorno sì e due no.. Peccato, avrei un sacco di foto da mandarvi.

10 Agosto 2002: cosa succede in Italia?

Ho saputo che le settimane passate il tempo è stato molto brutto in Italia, spero che ora il sole risplenda sulle vostre vacanze! In realtà qui mi è molto difficile avere notizie dell’Italia e dell’Europa. Il telegiornale che vedo ogni tanto parla solo del Brasile. Internet e il telefono per ora rimangono un miraggio… Ieri sera ho smanettato un po’ con una vecchia radio che mi ha dato il padre. Cercavo qualche radio italiana, ma nella babele gracchiante di tutte le lingue del mondo, l’unica trasmissione in italiano che ho trovato era di una radio cinese e naturalmente parlava solo della Cina! Mi sentivo un po’ pioniera, un po’ fuori dal mondo, mentre armeggiavo con le manopole della radio (che comunque prende malissimo) e pensavo che la radio è stata un’invenzione grandiosa, paragonabile o forse superiore a Internet; faceva impressione sentire voci dell’Europa, dell’Asia, dell’America Latina… Ieri mattina invece sono stata tutto il tempo in giro con Adonias (uno dei due tecnici del progetto) per i campi, con la sua moto, a visitare agricoltori già inseriti nel progetto, per convincerli a fare l’investimento della cisterna da 30.000 litri. Per fare questa cisterna il progetto compra tutto il materiale, ma il beneficiario deve contribuire con la mano d’opera del muratore. Si tratta di una cifra equivalente a 70 Euro, per potere avere a disposizione l’acqua, senza dover fare chilometri col carretto per andarla a prendere in qualche pozza e con una maggiore sicurezza in caso di siccità. 70 Euro però evidentemente sono una grossa spesa e quasi nessuno li ha. Qualcuno farà un prestito, altri invece non sono sicuri di poterli restituire e preferiscono rinunciare. Che onestà in questi uomini! Per la paura di non poter restituire 70 Euro preferiscono restare senza la cisterna! Penso a tutte le aziende, a tutti i ricconi che chiedono in prestito alle banche miliardi sapendo già che non li restituiranno… E le banche invece non prestano soldi ai poveri… Ma non sanno quanto è più onesto un povero, che si preoccuperà costantemente di restituire tutto il dovuto? (Su questo argomento vi consiglio un libro: “Il banchiere dei poveri” di Muhammad Yunus, ed. Feltrinelli. È la storia dell’inventore del microcredito in Bangladesh). Vabbeh, in conclusione le 6 ore di moto mi sono costate la piagatura del mio povero culetto e un’ustione solare sulla faccia e sulle braccia, che ora sono uno splendido bicolor all’altezza della manica della maglietta. La costruzione della mia nuova casa, prevista dal progetto, è iniziata: sarà di 50 m2 con cucina, sala, camera e bagno, più veranda e lavatoio esterno. In confronto alle altre sarà una piccola reggia, che imbarazzo… Beh, però almeno sarà adatta per ospitarvi quando verrete a trovarmi. Ora vi lascio che vado alla riunione del gruppo di donne al villaggio qui vicino, speriamo sia meno rissosa ed estenuante dell’ultima volta!