30 Maggio 2004: ancora addii…

Anche oggi è stata una giornata di abbracci e saluti, Fabio e gli altri miei adorati alunni si sono parcheggiati in casa mia, cercando di aiutarmi a fare le valigie. Tutto quello che non stava nelle valigie l’ho sparso sul letto e ho fatto scegliere qualcosa ad ognuno. C’era di tutto: dalla biancheria alle forbici, dallo shampoo ai libri, dalle magliette alle scarpe. E tutti quanti si portavano via qualcosa felici! A Fabio ho lasciato tutti i CD in lingua inglese che avevo, così potrà migliorare la sua pronuncia, gli ho lasciato i miei sandali, vestiti per sua madre e cibo in scatola. Mi mancherà tantissimo questo ragazzino, così intelligente e generoso. Ma non lo abbandonerò mai, ha una situazione familiare difficilissima, ha solo la mamma disoccupata e due sorelline più piccole, non so come facciano a sopravvivere. Lui sogna di potere studiare, è la cosa che gli piace di più al mondo. In questi anni questo ragazzetto di 17 anni è stato il mio più fidato amico, forse un figlio o un fratellino, faceva chilometri in bicicletta per venirmi a trovare, sempre portando un pensiero per me, un dolce, un bigliettino, una poesia o una canzone. La domenica pomeriggio a volte andavamo a fare delle passeggiate per i campi e lui mi parlava, parlava, parlava sempre, raccontando episodi, la sua scuola, il teatro, lo studio dell’inglese. Stasera siamo andati insieme dalla scuola al villaggio, dove abita sua nonna. Lui era in bici e io in moto. Quando è iniziata la salita all’ingresso del villaggio lui è dovuto scendere e spingere la bicicletta, mentre io proseguivo con la moto. In quell’istante ho visto quella scena come la metafora delle nostre vite, è stato un lampo che ha squarciato la mia mente e il mio cuore. Ho sentito un dolore immenso. Ho visto la mia vita a cui il destino ha riservato una potente e comoda motocicletta, e ho visto la vita di Fabio che può contare solo su una vecchia bicicletta. Quando la vita va in salita a me basta schiacciare l’acceleratore, Fabio invece deve fermarsi e spingere con fatica e sudore. Ho capito cosa è l’ingiustizia. L’ingiustizia per me sarà sempre rappresentata da questa scena, indelebile nella mia memoria. Fabio, caro amico mio, perdonami, perdona noi tutti che andiamo in moto o addirittura in Mercedes per le strade della vita, perdonaci se puoi… Iddio ci perdoni per ogni volta che sorpassiamo i nostri fratelli che arrancano lungo la salita, senza fermarci, senza aiutarli. Fabio, il tuo cuore è talmente buono e generoso che so che mi perdonerai, ma voglio ricordare sempre questo istante, per vedere se riuscirò a vincere un po’ del mio egoismo. Buona fortuna amico mio, ovunque io sia potrai sempre contare su di me.

23 maggio 2004: anticipo di saudade

Ieri sera tornavo dalla casa delle suore, lungo il sentiero che porta alla scuola. Era già buio, l’aria era fresca e profumata, soffiava un piacevolissimo vento, mi sembrava la carezza del sertão sul mio corpo, forse un saluto, un addio, un arrivederci. Le stelle erano abbaglianti come al solito, un tappeto di luce di incomparabile bellezza; ho sentito una grande nostalgia per questo luogo, ne ho sentito tutta la sua bellezza in quell’istante. Mi giravo indietro e vedevo la luce della casina delle suore, e ho pensato a Pedrinho, alla piccola Maria Rita, che continuerà a crescere e quando la rivedrò camminerà già. Dio mio, quanto mi mancheranno… Così come i ragazzi della scuola, sono diventati i miei fratellini minori, i miei bambini adottivi, la mia casa era il loro rifugio, stavano lì anche solo per vedermi lavorare, silenziosi per non disturbare. Mi mancherà questa casa che era diventata la mia casa, mi mancherà questo cielo, mi mancherà la mia cara amica Josa, Valdivino, il piccolo Ramon, e tutti gli altri… Mi mancherà andare al mercato a Capim Grosso il lunedì mattina e incontrare tra le bancarelle tanta gente che mi saluta, mi abbraccia, mi racconta, mi mancherà arrivare nei villaggi e sentirmi così accolta, così “a casa” in mezzo a loro, mi mancheranno i bimbi con cui avevo stretto più amicizia, gli alunni, le suore… Non riesco a immaginare come sarà la mia vita tra 20 giorni, mi sembra di essere stata qui da sempre. Questi due anni sono volati, velocissimi, troppo veloci. Fin dal giorno che ho deciso di venire in Brasile sapevo che la difficoltà maggiore non era partire, ma tornare… Ieri sera avrei voluto che il sentierino dalla casa delle suore alla mia fosse lungo chilometri, per fare durare il più possibile quel momento magico di tristezza e di amore per tutto quanto ho intorno. Camminavo piano, ogni tanto mi fermavo, ma il sentiero era corto, come questi due anni.

È l’ora di tornare in Italia.

29 Marzo 2004: un po’ di sconforto…

Sono un po’ demoralizzata… Certi giorni negli ultimi tempi mi sembra che Jaboticaba sia diventato un piccolo inferno. Alcuni colleghi e la comunità non riescono più a gestire i conflitti tra di loro, i piccoli problemi diventano giganteschi, mancano il dialogo e l’ascolto. Io sono arrivata qui con uno spirito di servizio, ma ultimamente non sto riuscendo a servire all’armonia e al dialogo tra queste persone. Cerco allora di tenermi un po’ al di fuori, di non farmi coinvolgere dalle parti, perché non riesco a farle dialogare, perché sono stanca di questa situazione, perché ho paura di dire parole sbagliate e non essere imparziale e perché poi tra poco tornerò in Italia… La settimana scorsa mi sono ritrovata ad alzare troppo la voce in una riunione, non è così che voglio parlare con le persone, ma ho perso il controllo. Ho paura di non sapermi controllare abbastanza e che possa succedere di nuovo. D’ora in poi cercherò di tenermi fuori dalle discussioni che trattano questioni relazionali, vorrei cercare di mostrare un atteggiamento di pace, ma è difficile anche per me. I pettegolezzi poi qui in questo piccolo paesino sono lo sport preferito dalla popolazione, inventano qualsiasi cosa pur di mettere in cattiva luce il proprio “nemico”. Come far loro capire che non servono a nessuno, nemmeno a chi li inventa? Del resto mi rendo conto che sono le stesse cose che accadono ogni giorno in Italia e in qualsiasi parte del mondo, purtroppo. Devo farmi forza, per affrontare nel modo migliore questi ultimi mesi, perlomeno non voglio fare danni.

27 Gennaio 2004: una pioggia rara e riflessioni sulla cooperazione

A volte rifletto sul modo migliore di intervenire nei paesi in via di sviluppo… sono arrivata alla convinzione che la cosa fondamentale per sviluppare un paese è l’educazione, la formazione, la crescita culturale. Non serve fare opere, strutture, progetti, se le persone non sono in grado di gestirle. Forse è meglio sacrificare qualche infrastruttura e fare studiare più giovani, mandarne qualcuno all’università. C’è scarsa conoscenza, sia nelle cose pratiche come fare i conti, scrivere, leggere, gestire il lavoro, sia nelle relazioni tra persone, nella comunità. Bisogna investire nell’educazione, a tutti i livelli. A volte penso che troppi soldi possano portare cose negative e rendere peggiori le persone. Ma queste sono le riflessioni di una semplice volontaria che conosce questa realtà solo da poco più di un anno, quindi potrebbero anche essere ingenue e sbagliate. Ma passiamo a cose più concrete, come per esempio la pioggia. È venuta giù come Dio comanda, in tutto il Nordest del Brasile, che è la regione più secca del paese. Qui è piovuto una settimana, in altre regioni anche di più, era da molti anni che non si vedeva una pioggia del genere. Essendo una regione pianeggiante dove non piove mai, si sono formate lagune dappertutto, i letti dei rari fiumi generalmente  completamente asciutti si sono riempiti di acqua, a volte portandosi via le casupole costruite sulle rive. Ci sono stati allagamenti un po’ ovunque, non vi dico come sono ridotte le strade! Normalmente sono già disastrate e piene di buchi, durante le piogge alcune diventano impraticabili, si sono aperte nuove voragini, le macchine restano impantanate o non riescono a superare le salite. Ma nonostante ciò, qui sono tutti contentissimi, è un continuo “graças a Deus” per la pioggia. Io detesto la pioggia e a volte mi è scappato di dirlo, poi Josa mi ha avvisato che non devo farlo perché qui è considerata una cosa molto brutta, offensiva, una mancanza di rispetto! Vabbeh, ne ho imparata una nuova e mi rendo conto di come tutto è relativo, ciò che è male per una persona può essere ottimo per un’altra. E ne ho già avuti molti esempi. Adesso è tutto verde che sembra il Trentino (beh… in Trentino a dire il vero le palme non ci sono…), ma non bisogna illudersi, perché questo sole feroce ci mette un attimo a seccare tutto di nuovo. Per il resto, tra due settimane abbiamo l’obiettivo di mandare il miele della regione nello stato del Piauì per fare un’esportazione per una piccola cooperativa di commercio equo che ho visitato durante le vacanze di Natale.  Abbiamo l’idea di fare un pullman e seguire il carico fino in Piauì, anche per visitare l’associazione locale che farà per noi l’esportazione. Sarà un viaggio divertente, nessun carico ha mai viaggiato con 25 persone di scorta al seguito! Comunque finché non  vedo il miele arrivare a Simplicio Mendes non ci credo