Studio di una copertura sostenibile per comunità aborigene nel nord Argentina

Storia del progetto
Il progetto è stato avviato nel mese di Giugno del 2005, secondo l’accordo stipulato tra l’I.N.A.I. (“Instituto Nacional de Asuntos Indigenas”) e il CE.CO.VI. (“Centro de Investigacion y Desarrollo para la Construccion y la Vivienda” – Centro di Ricerca e Sviluppo per la Costruzione e l’Abitazione) dell’Universidad Tecnologica Nacional di Santa Fe.
L’obiettivo generale era contribuire allo sviluppo delle comunità aborigene della zona di Las Lomitas, nella provincia di Formosa, a nord dell’Argentina, attraverso l’elaborazione di undici Centri Sanitari.

Nel mese di marzo del 2006 siamo così partite per l’Argentina per poterci inserire nel gruppo di lavoro già formato e iniziare la collaborazione. Dopo una prima fase di conoscenza del progetto, ci siamo recate a Las Lomitas con l’equipe del CE.CO.Vi. e siamo entrate in diretto contatto con la popolazione aborigena, partecipando attivamente sul campo. Questo ci ha dato modo di conoscere l’ambiente, la cultura e le necessità delle comunità, così come il metodo di lavoro utilizzato, ossia la metodologia della “investigación partecipativa”, che prevede il diretto coinvolgimento e la partecipazione alla progettazione da parte di tutti gli interessati. Al rientro dal viaggio ci siamo dedicate, sulla base della richiesta del CE.CO.VI, a sviluppare una tecnologia appropriata per il sistema di copertura delle sale di primo soccorso.

Il progetto e stato elaborato prevedendo:

  • Il rispetto delle caratteristiche di organizzazione comunitaria.
  • L’applicazione di tecniche di “diseño participativo”, ossia di tecniche di progettazione che coinvolgano i diretti interessati.
  • L’uso di tecnologie autocostruibili e sostenibili.
  • Il miglioramento dell’infrastruttura comunitaria.
  • La trasmissione di nozioni di amministrazione e mantenimento dei progetti.
  • L’interrelazione con la generale organizzazione ambientale.

Studio di tecnologie inerenti al contesto: un approccio al problema tecnologico
Il nostro lavoro all’interno di questo progetto si è sviluppato con la finalita di studiare ed elaborare una tecnologia “appropriata” come sistema di copertura applicabile per le sale di primo soccorso. Riteniamo esistano diversi tipi di tecnologie che possono essere considerate appropriate per una determinata situazione, cioe che rispondano, ognuna in maniera diversa, alle necessità riscontrate. Il risultato del nostro studio è una proposta elaborata secondo il nostro concetto di “tecnologia appropriata” ed è solo una tra le tante soluzioni possibili. Con “tecnologia appropriata” noi ci riferiamo a quella tecnologia che privilegia l’uso di risorse locali, sia umane, che in termini di materiali rinnovabili, il rispetto dell’ambiente, l’identita sociale e culturale della popolazione cui si rivolge e la partecipazione comunitaria nei processi di elaborazione, realizzazione e gestione. Consideriamo la “tecnologia appropriata” come una proposta strategica, socialmente appropriabile e sostenibile nel tempo, a cui ricorrere per stimolare le capacità di una popolazione a rispondere da sola alle proprie necessità, secondo le proprie possibilità e quelle dell’ambiente circostante. Per questo nell’elaborazione del nostro progetto siamo ricorse all’uso di tecnologie autocostruibili e allo stesso tempo adattabili alle caratteristiche ecologiche locali.

Riguardo alla volonta di comprendere un’altra cultura
Il processo di appropriazione delle nuove tecniche fa uso di diversi strumenti metodologici come la ricerca partecipativa, la formazione del personale, la sperimentazione e l’interscambio, con il fine di trovare linee di lavoro che meglio rispondano alle necessità dei gruppi coinvolti, tenendo in conto le diverse realtà culturali. L’inevitabile situazione di dialogo interculturale in cui ci siamo trovate ad operare, se da una parte tende ad avvicinare le popolazioni indigene alle nuove condizioni che vengono imposte loro dal mondo “occidentale”, dall’altro permette alle persone dei gruppi tecnici coinvolti di addentrarsi in altre logiche per aiutare questi stessi popoli a riscattare l’identità che stanno via via perdendo. Dunque se lo scopo del progetto è stato l’elaborazione di criteri per intervenire rispettosamente nell’ambito della salute delle etnie aborigene Wichì e Pilagà, questi criteri non sono stato altro che il risultato di metodologie di “investigación participativa” con le comunità interessate, sia per cio che riguarda la morfologia, che per la scelta dell’uso degli spazi e delle tecnologie costruttive.

Il nostro lavoro all’interno del progetto
Partendo da questi presupposti, sulla base di uno studio preliminare della cultura e della societa Wichì e Pilagà, delle tecnologie utilizzate fin’ora e delle risorse naturali e locali, abbiamo portato avanti il lavoro utilizzando una metodologia basata su un alternarsi di ricerche e analisi, teoriche e sperimentali, che, attraverso approssimazioni successive, ha mirato a proporre la soluzione tecnologica che meglio ha risposto agli obiettivi prefissati. Il lavoro si e concluso con lo sviluppo di pannelli modulari prefabbricabili e autocostruibili, costruiti con materiali locali, naturali o meno, facilmente reperibili sul luogo, e facendo uso di tecniche molto semplici. Abbiamo elaborato due versioni che si differenziano nella struttura portante: la prima realizzata con canna tacuara e fibra di chaguar, la seconda con canna tacuara, tronco di eucalipto e fibra di chaguar. In entrambe le soluzioni la struttura è immersa in un impasto di gesso e foglie di palma e il pannello è stato impermeabilizzato con lastre di cartone ondulato bitumato.

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